__ _ ≈ Acque profondE ≈ _ __

14 febbraio 2007

Questa è la civiltà?

Il seguente articolo è tratto dal sito Ansa.it, notizia di oggi 14 febbraio 2007.


Nuvoli-Welby: due storie, un filo rosso
ROMA - "Sono vivo, se vita si può chiamare questa mia permanenza in un involucro che non riconosco più come il mio corpo. Questo accanimento nel tenermi in vita mi sembra assurdo, ipocrita, inutile". Sono parole di Giovanni Nuvoli, l'uomo sardo affetto da distrofia muscolare amiotrofica e che ha chiesto di poter morire. Parole molto simili aveva scritto anche Piergiorgio Welby sul suo blog, e la sua rivendicazione, quella al "diritto civile, politico, personale ad una morte naturale", è stata ora fatta propria da questo paziente sardo. Un nuovo, tragico 'caso Welby'.


Due storie a confronto dalle mille similitudini. E con un unico filo rosso: la battaglia per quello che viene ritenuto un 'diritto', la battaglia per una "morte dignitosa". Forse è troppo parlare di 'storie-fotocopia' ma, certamente, ripercorrendo quella di Nuvoli non può non tornare alla mente quella del 'capitano', come i tanti amici di blog amavano definire Welby. Simili, a partire dalle passioni: amava lo sport e la caccia, Welby, prima che la malattia lo colpisse; era un arbitro di calcio, Giovanni Nuvoli, prima di sentir pronunciare quella tragica diagnosi. Due fisici atletici trasformatisi in due corpi immobili costretti a letto: oggi Nuvoli pesa poco più di 20 chili, per 1 metro e 85 di altezza. Malattie molto simili: distrofia muscolare amiotrofica l'uno e progressiva l'altro, che consistono nella lenta 'distruzione' di tutti i muscoli del corpo.

Ma con una differenza: la patologia colpisce Welby all'età di 20 anni (morirà a 61 anni), mentre sembra essersi manifestata più tardi in Nuvoli (che oggi ha 53 anni). Quasi uguale il numero di anni di 'calvario' attaccati ad un respiratore: sei per Nuvoli, nove (dal 1997 al 2006) per Welby. Per comunicare, lo stesso, doloroso 'copione': mogli che mostrano una lavagnetta e palpebre che sbattono all'indirizzo delle lettere luminose. Perché si arriva al punto in cui la malattia inibisce qualunque movimento, ad eccezione di quelli oculari e labiali. Inevitabile pensare anche alle donne che accompagnano le giornate di questi malati: la signora Mina, fino alla fine accanto a Welby, e la moglie di Nuvoli, che ogni giorno dialoga con lui con una lavagnetta. Due percorsi di vita che hanno portato alla stessa richiesta: nel 2006, Welby presenta un ricorso al Tribunale di Roma per il distacco del ventilatore ma, a distanza di pochi mesi, il giudice dichiara inammissibile il ricorso. Altrettanto è successo a Nuvoli: il sostituto procuratore del tribunale di Sassari ha dichiarato inammissibile la sua richiesta di 'staccare la spina' previa sedazione.

Mentre Welby ha trascorso gli ultimi anni costretto a letto nella sua casa, Nuvoli è ricoverato nel reparto di rianimazione dell'ospedale di Sassari. L'atteggiamento dei medici curanti è però stato lo stesso: l'oncologo Giuseppe Casale, tra i medici che per un certo periodo hanno avuto in cura Welby, ha detto 'no' alla richiesta del suo paziente. Allo stesso modo, i medici di Sassari hanno dichiarato che si atterranno al nuovo codice professionale, dove si afferma che 'il medico anche su richiesta del malato non deve effettuare ne' favorire trattamenti finalizzati alla morté. Inoltre, si richiamano all'art.579 del Codice penale, che proibisce l'omicidio del consenziente.

Forse, l'unica, evidente differenza tra i due casi è il clamore che ha accompagnato le vicende: subito sotto i riflettori Piergiorgio Welby che, nel settembre 2006, scrive una lettera-appello al presidente della Repubblica. Relativamente più 'in sordina' il caso Nuvoli. Alla fine Welby è riuscito nel suo intento e l'anestesista Mario Riccio ha 'staccato la spina'. E' presto per dire quale potrà essere la conclusione per Nuvoli. Ma resta il suo appello, che rimbalza da tanti siti internet su temi bioetici: "Chi mi uccide non sarebbe il medico, ma la malattia. I medici consapevoli di non essere padreterni, devono saper accettare la morte. Non come sconfitta professionale, ma fatto naturale".

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Sono disgustato dal fatto che oggi, nel 2007, debbano ancora compiersi orrori di questo tipo in nome di un ipotetico Dio buono e misericordioso, la cui esistenza è peraltro tutta da dimostrare. E' forse buono e misericordioso ciò che stanno facendo a questo povero uomo? E' forse umano lasciare che un essere vivente soffra come un dannato e si spenga lentamente in una straziante agonia? Sono sempre più disgustato dalla Chiesa, dalle sue ipocrisie, dalle sue contraddizioni interne, dal suo fanatismo, dalla sua disumana obbedienza ai dogmi e dalla sua spietata insensibilità.
E' una cosa talmente vergognosa che mi toglie le parole di bocca e mi lascia dentro solo una grande rabbia. Tutti coloro che si oppongono all'eutanasia dovrebbero vergognarsi, perché si comportano in maniera indegna per un essere umano. Vorrei vedere Ratzinger nelle condizioni di Giovanni Nuvoli, chissà se cambierebbe idea a quel punto... ma finchè c'è qualcun altro immobilizzato sul letto è facile ciarlare di Cristo e di un Dio che è l'unico detentore del potere di dare o prendere la vita.
Nei paesi più civili ed evoluti l'eutanasia è una conquista datata già da diversi anni, ma in altri paesi (come il nostro) ci si perde in futili dibattiti e intanto la gente soffre... mentalità retrograda, spirito inflessibilmente bigotto, fosse per la Chiesa saremmo ancora al Medioevo a bruciare i libri e le streghe. Bleah...

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